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Agnese Moro, il cruccio di mio padre? gli sconfitti della vita

Agnese Moro, il cruccio di mio padre? gli sconfitti della vita

A Gragnano incontro promosso da don Aniello Pignataro

NAPOLI, 08 dicembre 2022, 12:49

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Si è tenuto presso l'Auditorium del Liceo don Milani di Gragnano (Napoli) l'incontro con Agnese Moro dal titolo Moro racconta Moro, articolato in due momenti significativi che hanno visto al mattino la partecipazione degli studenti delle classi V degli istituti liceali don Milani di Gragnano e Pascal di Sant'Antonio Abate ed al pomeriggio il coinvolgimento della cittadinanza.
    La lettura del discorso alla Costituente fatto dall'onorevole Moro il 13 marzo 1947, ha dato il via ad un dinamico dibattito, tra gli studenti e la Moro, su quella Persona pilastro dello Stato che all'alba della Repubblica sanciva i fondamenti sui quali si sarebbe posato il nuovo Stato italiano: «la democrazia, in senso politico, in senso sociale ed in senso che potremmo chiamare largamente umano».
    Nel pomeriggio, Agnese, classe 1952, ha dialogato con il magistrato Cetta Criscuolo e don Aniello Pignataro, promotore dell'iniziativa culturale in sinergia con l'Unità pastorale di Gragnano mentre Mariailaria Verderame ha curato la diffusione dell'evento. Per l'Arcivescovo Mons. Francesco Alfano e i due fratelli di Raffaele Iozzino, l'agente di polizia che apparteneva alla scorta dell'onorevole Moro, presenti in sala insieme ai numerosi adulti, è stato commovente ripercorrere i sentieri della memoria, per i tanti giovani invece è stata una preziosa opportunità per conoscere la figura dello statista democristiano rapito e assassinato dalle Brigate rosse nel 1978.
    Dalla FUCI agli anni della Costituente, Agnese Moro ha ripercorso la vita del padre con fare semplice e divulgativo e lo ha fatto, e lo fa, perché «Moro non rimanga solo il caso Moro» ma per riportare alla luce quella vita che Aldo aveva al di là dell'attentato e della Renault rossa, per andare oltre via Caetani e quel tragico 9 maggio '78. Ma Agnese lo fa anche per i suoi figli perché «un giorno ti accorgi che quel silenzio con cui hai chiuso dentro tutto questo, è un silenzio che urla e che li raggiunge e che stranamente anche se tu non hai detto una parola a loro questa storia è arrivata ugualmente…» dice con un velo di malinconia nella voce. Entrato in politica dopo aver preso parte, da giurista, ai lavori dell'Assemblea Costituente, Agnese è certa che «lui abbia speso ogni risorsa della sua vita perché quelle cose diventassero vere […] spinto soprattutto da un grande senso di responsabilità nei confronti di coloro che avevano sperato e sognato le stesse cose ma che non ce l'avevano fatta». Per la Moro tutto l'operato del padre, tutti i bivi della sua vita erano finalizzati a far sì che continuasse «quella storia della democrazia, quella storia! non una democrazia qualsiasi, ma quella che vede come protagonista le persone e che mette al centro la sacralità della persona umana». Ed è nella vita familiare di Aldo Moro che si trovano le radici del suo essere: secondo Agnese è stata la sua mamma Fida, una maestra calabrese, ad ispirare tanti temi della vita politica del padre, uno per tutti l'idea di dare la possibilità «agli sconfitti della vita» di avere il loro posto nel mondo. E proprio la politica nella quale lui aveva creduto e dedicato gran parte della sua esistenza è stata «la sconfitta del caso Moro». Perché se la politica è fatta di parole, di trattative, di un mettersi d'accordo per cercare un terreno comune, quando tutto questo viene meno, viene meno la politica della vita sociale; se «lo Stato e la sua dignità vale di più della vita di una persona tu immediatamente sei ritornato allo stato fascista in cui le persone non sono niente». «La giustizia penale non mi ha fatto niente, sono rimasta con dei cocci…» racconta Agnese al termine della sua straordinaria testimonianza. E allora è andata oltre, alla ricerca della sua giustizia: dopo un percorso lungo e complesso Agnese è approdata a quella che definisce verità umana. Ha guardato negli occhi il carnefice e ha scoperto che oggi, anche il carnefice ha le stesse rughe che solcano il suo volto ma soprattutto scopre che insieme condividono un dolore, un dolore terribile nato paradossalmente nel nome e in difesa di quegli ideali di eguaglianza sociale e di solidarietà con i poveri
   

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