Le vacanze in montagna sono sicure se si è cardiopatici?
Si i per pazienti asintomatici, ma è importante parlarne col medico

Redazione ANSA
04 agosto 2023 - 19:30
Sì al turismo in montagna per i cardiopatici © AFP

Trascorrere un periodo di vacanza in alta montagna è molto spesso ritenuto rischioso per i soggetti cardiopatici, una popolazione in aumento anche in Italia tanto che i cardiologi invitano ad intensificare gli screening cardiologici di prevenzione che, da soli, potrebbero salvare migliaia di vite. In realtà, l'alta quota può rivelarsi rischiosa solo in alcuni casi ma in generale anche i cardiopatici possono vivere un periodo di relax tra i monti, con le opportune cautele.

 

Analisi

I cardiopatici devono dunque evitare la montagna? Per lungo tempo, spiega il presidente della Società italiana di cardiologia (Sic) Pasquale Perrone Filardi, è stata negata ai pazienti cardiopatici la gioia di frequentare i luoghi di montagna in relazione ad un non meglio specificato rischio di problemi cardiovascolari. Il tutto nasce dal fenomeno della riduzione della disponibilità di ossigeno nell'aria (che si dimezza intorno ai 4000 metri rispetto al livello del mare) con un conseguente aumento compensatorio del lavoro del cuore ed aumento della pressione. Sono soprattutto le quote superiori ai 1500-2000 metri ad essere potenzialmente problematiche per i pazienti cardiopatici. La vacanza in montagna non deve essere negata ai pazienti con ipertensione o con cardiopatie ischemiche o strutturali del cuore purché tali patologie siano ben controllate dalla terapia e sempre dopo averne discusso con il proprio medico. Per le quote inferiori ai 1500-2000 metri il consiglio è sopratutto quello di portare con sé un apparecchio di misurazione della pressione arteriosa e di controllare spesso i valori in maniera da poter modificare eventualmente la terapia. Ovviamente la montagna è da evitare in pazienti cardiopatici con scompenso cardiaco o con malattie congenite non compensate o con episodi di ischemia. Viceversa, la salita ad alta quota dovrebbe essere pianificata più scrupolosamente sotto controllo medico ed ovviamente affrontata con molta gradualità nel raggiungimento di quote elevate, possibilmente dopo aver attentamente valutato attraverso test diagnostici specifici la capacità funzionale del paziente. 

   Secondo gli esperti, comunque, se il programma delle vacanze montane prevede solo semplici escursioni, non si deve temere il peggio. Non esistono infatti conferme che una vacanza o una gita in montagna siano un rischio per i cardiopatici. E gli studi epidemiologici finora non hanno fornito dati solidi sulla correlazione fra i fattori di rischio cardiovascolare ed eventi avversi avvenuti durante la pratica di attività leggere in montagna, come l’escursionismo. Le ricerche sono, in realtà, molto poche, ma si può affermare che soggiornare ad alta quota non è una controindicazione per individui con patologie cardiache e circolatorie, tranne casi specifici. Esistono cioè situazioni più rischiose, ma riguardano casi particolari, come gli sport alpini o la scalata verso altitudini estreme, contesti diversi dalle mete di chi vuole semplicemente riposare e fare trekking. È vero che il sistema cardiocircolatorio è messo alla prova, però non più di quanto lo sarebbe in una palestra o a bassa quota. Il rischio di eventi cardiovascolari, in conclusione, è stato documentato soprattutto in associazione all’attività sportiva intensa ed è sostanzialmente slegato dal livello di altitudine.

   Cosa diversa è il 'mal di montagna acuto' (AMS) o malattia da altitudine, un insieme di sintomi causati dalla salita in alta quota rapida, spesso senza soste. Può colpire anche soggetti sani. Interessa, infatti, tra il 20 e il 30 per cento dei frequentatori di quote oltre i 3.500 metri e può comportare, solo in una minima parte dei casi (circa l’1 per cento), problemi gravi e potenzialmente mortali come l’edema polmonare e l’edema cerebrale. Ad ogni modo, occorre stare attenti, già a quote inferiori, a sintomi lievi e passeggeri, come mal di testa e nausea. Se perdurano oltre le 24 ore oppure se si aggiungono altri malesseri, come difficoltà di coordinazione e di respirazione (ipossia), anche a riposo, sarà necessario scendere a quote più basse e rivolgersi a un medico. Per stare più tranquilli, inoltre, nelle escursioni impegnative, è consigliabile portare con sé un saturimetro. Come abbiamo imparato durante la pandemia di Covid-19, è uno strumento facilissimo da utilizzare e in grado di informarci rapidamente sul livello di ossigeno nel sangue.

   Infine, un consulto medico prima di partire e, eventualmente, un test da sforzo sono raccomandati a chi soffre di pressione alta, ai portatori di dispositivi impiantabili (defibrillatori, pacemaker), a chi è affetto da patologie cardiache. Sapendo, però, che eventi come l’infarto miocardico sono imprevedibili. Anche per questo, un’ultima accortezza per i pazienti a maggior rischio è valutare la distanza fra il luogo di villeggiatura prescelto e il presidio sanitario più vicino.

 

Conclusioni
La montagna non è da evitare in generale, ma è importante una valutazione con il medico caso per caso. Dunque, è il consiglio del presidente della Sic, montagna sì per i pazienti cardiopatici asintomatici, in ogni caso dopo averne parlato con il proprio medico.

 

Fonti

Società italiana di cardiologia (Sic)

Dottore ma è vero che? della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo)

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