Per i disabili e i loro familiari il
lockdown ancora non è finito e "il costo sociale della pandemia
è stato e sarà altissimo". Perché il peso dei servizi che non
hanno riaperto pesa sulle spalle dei caregiver, per i quali
"bisognava prevedere sostegno economico, ma non è stato fatto".
E' la denuncia consegnata da Sofia Donata, portavoce del
Comitato Caregiver Familiari Comma 255, in Commissione Affari
sociali della Camera, durante le audizioni sulle ricadute
sociali dell'emergenza epidemiologica.
"Con il lockdown - ha spiegato - ogni servizio alla persona
disabile, che in quanto diritto e dovrebbe essere indifferibile,
è diventato di punto in bianco differibile. Questo significa che
il peso dei servizi è ricaduto sui caregiver, perché le persone
con disabilità non smettono di avere esigenze. E' successo nel
lockdown e ne vorremmo parlare come una cosa passata, ma non
possiamo. Perché mentre per tutti è ricominciata una vita quasi
normale per caregiver e persone con disabilità ha riaperto molto
poco".
A fronte "dell'enorme sforzo" fatto durante la fase
emergenziale della pandemia, "nel momento della riapertura ci
saremmo aspettati un atteggiamento differente". Ad esempio per
la scuola, ha precisato Donato, "sei mesi di fermo non sono
bastati a organizzare un ingresso idoneo per bimbi e ragazzi con
disabilità. Lo stesso è avvenuto per i centri diurni: molti non
sono riaperti e quelli riaperti lo sono a orari o servizi
ridotti, ad esempio perché non è consentita la mensa o perché
non è stato riattivato il trasporto". Ma "se un centro che deve
durare 5 giorni a settimana è aperto solo per 3, gli altri
giorni sono coperti dal caregiver familiare, che continua a non
poter rientrare nell'attività lavorativa". A questo si aggiunge,
ha concluso, la preoccupazione per i disabili che vivono in
residenze, "che dal 9 marzo vivono una detenzione senza aver
commesso reato".
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