Gli addetti ai lavori sono cauti,
ma non stupiti,: in questi ultimi mesi si verificano diversi
casi apparentemente critici in Italia, ed è chiaro che si sta
assistendo ad un cambiamento ecologico significativo. "Dovremmo
utilizzare uno sguardo "alto" e ed avere consapevolezza dei
grandi processi ecologici in atto sui nostri territori, ma so
che non è facile, soprattutto in quest'epoca social mediatica".
Commenta così l'aggressione di Palombaro il responsabile del
servizio veterinario del Parco nazionale della Maiella Simone
Angelucci.
"Non solo in Abruzzo, non solo in Italia, ma in tanti Paesi
occidentali, c'è una rapida evoluzione dell'interfaccia tra
animali selvatici uomini: l'uomo da oltre 50 anni ha abbandonato
i territori, le pratiche agricole e pastorali, la presenza nelle
aree rurali che aveva tenuto per secoli limitate, se non del
tutto assenti, le popolazioni selvatiche: poi siamo andati tutti
a vivere in città e oggi ci aspettiamo che gli animali selvatici
stiano "al posto loro". Purtroppo non è così facile, la realtà
ecologica è più complessa. Gli animali selvatici, i cinghiali, i
caprioli e i cervi, prede del lupo, oggi sono molto diffusi,
anche nelle aree collinari e nelle aree periurbane, nelle quali
trovano siti di rifugio e risorse alimentari. Il lupo segue le
sue prede, è un predatore adattativo e si nutre prevalentemente
di animali selvatici, quando è in branco. Alcuni individui però
possono essere mandati via dal branco, essere in difficoltà,
colonizzare nuove aree e cercare nelle aree antropizzate
situazioni favorevoli alla loro sopravvivenza. I lupi non sono
in sovrannumero, la natura non fa sovrabbondanze o eccessi
numerici -continua il veterinario - ci sono molti lupi perché ci
sono molte prede selvatiche, ci sono molte prede selvatiche
perché ci sono ampi territori per esse disponibili. Ma certo la
probabilità che ci possano essere animali che vivono e tendono a
stabilirsi in contesti molto antropizzati, è oggi molto
elevata".
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